Analizzare. Il Festival di Sanremo è uno dei misteri più inaspettati per chi cerca di imparare la cultura italiana. Pochi momenti (a parte un campionato europeo o una finale di Coppa del Mondo di calcio) hanno questo potere di unire le persone attorno allo stesso spettacolo, e la serata di chiusura, sabato 5 febbraio, non ha fatto eccezione, riunendo più di 13 milioni di telespettatori.
Due giorni prima, la trasmissione era iniziata in modo insolito quando l’insostituibile conduttore Amadeus ha voluto accogliere il presidente Sergio Mattarella, rieletto il 29 gennaio, per un secondo mandato di sette anni, prima di lanciare lo spettacolo. “Voglio augurarti un buon lavoro ed esprimere l’amore e la gratitudine che tutti proviamo per te”, si è lanciato, prima di dedicarle una canzone, agli applausi del pubblico.
Dopo dieci giorni di lotte dietro le quinte, scandite da tradimenti e colpi bassi, questi applausi segnano un ritorno all’attualità; ancor più del giuramento, avvenuto poche ore prima. Dal grande Palazzo del Quirinale, affacciato sul centro di Roma, questo ottuagenario gerarchico e solitario, più popolare che mai, continuerà il suo magistero solitario, mentre, al di sotto, la contesa politica potrà continuare il suo corso.
Non un personaggio passivo
Se si pensa alla violenza dello scambio che ha portato a questa conclusione, la scena aveva qualcosa di irreale. Mille elettori si fanno a pezzi sotto le telecamere per otto turni di votazione, trattative permanenti punteggiate da sbattere le porte, ambizioni di vita che bruciano in poche ore, la drammaturgia non mancherà molto in questa settimana presidenziale.
Alla fine, la decisione è stata presa da una manciata di persone dietro le quinte ed è diventata chiara all’intera nazione in pochi minuti. Per una specie di miracolo ripetendo il conclave romano dei papi, il più opaco sistema elettorale diede vita a decisioni che nessuno, o quasi, voleva contestare. Essendo stato eletto da nessuno – o quasi – Sergio Mattarella è stato investito, in men che non si dica, presidente di tutto.
Certo, la figura di Sergio Mattarella non è stata vana in questa strana operazione. Democristiano da una vita, entrato in politica dopo la morte del fratello Piersanti, assassinato nel 1980 per le strade di Palermo dalla mafia, dirige il suo ufficio, dal 2015, con la necessaria catarro e serietà. Meglio ancora, sembra accettare il premio a malincuore, che sembra a tutti la migliore prova che se lo merita – anche lì i parallelismi con i papi sono evidenti.
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