Il violento conflitto dell’ex premier Renzi con la giustizia

Giovedì 10 febbraio l’ex capo del governo italiano Matteo Renzi ha aggredito violentemente i giudici che il giorno prima ne avevano chiesto il licenziamento per finanziamento illecito di un partito politico.

«Sono innocente e spero che lo siano anche i giudici“, ha detto alla trasmissione di Radio Leopolda, accusandoli di avere “violare la legge e la costituzioneInseguito dalla procura di Firenze, Matteo Renzi, capo del governo dal 2014 al 2016, riteneva che questi giudici considerassero la sua famiglia come “associazione criminaleL’udienza preliminare è stata fissata per il 4 aprile e da quella data un giudice deciderà se l’accusa ha prove sufficienti per portare in giudizio Matteo Renzi.

3,5 milioni di euro dalla Open Foundation

Al termine di questa indagine, iniziata nel 2019, i pubblici ministeri hanno accusato Matteo Renzi di aver approfittato illegalmente, in qualità di politico, di finanziamenti della fondazione Open di cui era il capo occulto. La Fondazione Open, sciolta nel 2018, ha sostenuto Matteo Renzi nella sua fulminea ascesa da sindaco di Firenze a leader del Partito Democratico (PD) di centrosinistra e poi presidente del Consiglio. Secondo i pubblici ministeri, Open ha pagato circa 3,5 milioni di euro a Matteo Renzi e ai suoi alleati per finanziare le loro attività politiche.

L’indagine ha preso di mira 11 persone, tra cui due ex ministri vicini a Matteo Renzi, oltre a quattro società, tra cui l’italiana British American Tobacco. Oltre a Matteo Renzi, anche i suoi ex ministri del governo Maria Elena Boschi e Luca Lotti sono stati accusati di finanziamento illegale di partiti politici. Lucas Lotti è stato anche accusato di corruzione e spaccio di influenza.

Matteo Renzi è diventato il più giovane capo del governo italiano a 39 anni dai tempi di Benito Mussolini, ma il suo atteggiamento centrista e il suo stile talvolta arrogante hanno subito messo a dura prova i suoi alleati ed elettori. Aveva lanciato un referendum nel 2016 a favore della riforma costituzionale, che alla fine si è trasformata in un plebiscito contro di lui: il fallimento di queste elezioni lo aveva costretto alle dimissioni. In seguito ha rotto con il PD e ha fondato il piccolo partito centrista italiano Viva (a cui è stato attribuito quasi il 3% delle intenzioni di voto), che fa parte del governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi.

Daniel Jensen

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