Gastronomia italiana. Cosa mangiano gli italiani a capodanno?

In questa rubrica settimanale vi proporrò ricette originali e storiche, conciliando così due aspetti di me, quello di storico e quello di bistrot. Sarebbe facile da fare ma principalmente legato alla storia di una regione o di un grande popolo. La gastronomia tradizionale racconta un territorio, le tradizioni, quindi parte dell’idea di combattere l’identità, evidenziando la diversità che ci sta a cuore da una regione all’altra, ecologica, lavorando con prodotti locali e di stagione, ed etica, riducendo al minimo gli sprechi e andando contro gli standard modelli di fast food.

Se stai leggendo queste righe significa che sei sopravvissuto al capodanno, forse non lo sai, ma la tradizione di celebrare il passaggio da un anno all’altro il 1°uh Gennaio risale a Roma e il modo in cui lo hanno fatto ci colpisce ancora in più di un modo. Se per lungo tempo l’anno lunare iniziava alle idi di marzo, segnando così l’insediamento di nuovi consoli, nel 153 a.C. Fulvio Nobiliore, neoeletto capo della Repubblica, chiese di anticipare la sua nomina per sedare la rivolta popolo iberico. Si insediò quindi il primo giorno del mese dedicato a Giano, il dio bifronte. Questa eccezione divenne poi la regola e quindi l’assunzione di una nuova carica consolare che segnò l’inizio dell’anno, il tutto con grandi rinforzi di festeggiamenti e banchetti. Il nuovo console va al Campidoglio per essere encomiato. Vi veniva sacrificato un toro bianco per onorare il dio Giano, la cui faccia era rivolta verso l’anno passato e l’altra verso l’anno a venire. È raffigurato mentre porta un bastone e una chiave che garantisce l’accesso al paradiso (come sarebbe San Pietro tra i cristiani).

In Italia, è tradizione non sacrificare un toro ma vestirsi di rosso a capodanno (qualsiasi cosa, vestito o spesso biancheria intima. Questa tradizione risale ancora agli antichi romani che la tenevano propria dai re etruschi. Su In occasione del nuovo anno, l’imperatore Augusto iniziò a indossare abiti rossi per le celebrazioni, presto imitato da tutti gli alti ufficiali romani.Il rosso simboleggiava forza, salute e fertilità.I re etruschi si dipingevano già il volto di rosso durante le cerimonie per Giano e il futuro. Le spose romane facevano lo stesso in onore della dea Vesta.

Alla vigilia di Capodanno, amici e parenti si riuniranno in casa con le porte aperte in modo che il vecchio anno possa scomparire nel cuore della notte. Tuttavia, il primo giorno dell’anno non è un giorno festivo. Lavoriamo per combattere simbolicamente la pigrizia. A Giano venivano offerti fagioli, lenticchie o farro. Questa tradizione di lenticchie vive ancora oggi. Durante il capodanno italiano, a mezzanotte, viene servito agli ospiti un piatto di lenticchie accompagnato da “Cotechino”. Il cotechino è un grosso insaccato da cuocere, bollito per qualche ora e poi servito affettato. Le lenticchie simboleggiano il lusso e la buona fortuna che ci si aspetta dal nuovo anno.

Anche se il giorno dopo era di lavoro, la festa è durata tutta la notte. Il vino non mancava, secondo molte fonti anche gli schiavi venivano incoraggiati a festeggiare il nuovo anno, assolvendo prima del solito i loro doveri per onorare gli dei. Si invocava Dioniso, spesso rappresentato in forma infantile, un dio che rinasceva e rappresentava la fertilità. Abbiamo brindato al dio del vino tenendo la statua avvolta in fasce. Il dio viene quindi cosparso di gocce di vino. Da ciò deriverà anche la tradizione italiana che quando si versa il vino ci si intinge il dito e ci si tocca la fronte. Come non vedere il legame con il bambino Gesù e le nostre tradizioni natalizie. Fu proprio per rendere sacra questa tradizione romana che fu istituito il culto della nascita, diversi secoli dopo la morte di Gesù.

Per il nuovo anno i romani si offrivano un vaso bianco colmo di miele, datteri e fichi secchi. I rami di alloro vengono offerti anche come segno di gioia e buona fortuna. Questa tradizione si ritrova ancora oggi nel fatto di scambiarsi doni.

Buon anno a tutti !

Pierre d’Her

Credito fotografico: DR
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Jacqueline Andrus

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