Silvio Berlusconi sarà ricordato non solo come la figura politica più importante d’Italia degli ultimi 50 anni, o come uno degli uomini più ricchi del continente, ma come il padre del moderno populismo occidentale. Ironia della sorte Il Cavaliere, uomo d’affari, cantante, manipolatore, seduttore, dilettante, spericolato e capo stratega, formando un movimento conservatore rivoluzionario, e senza corpo teorico, combinando attraverso un elemento di tentativi ed errori che in realtà è sul tavolo da tempo.
Lo pensa lo storico Giovanni Orsina Lui lusconismo è “una manifestazione tardiva, più a livello retorico che di ordine pubblico concreto, della svolta neoliberista avvenuta nei primi anni Ottanta”, e “un esempio altamente macroscopico e duraturo di un processo di trasformazione che nell’ultimo quarto del XX secolo colpito quasi tutto il paese della democrazia”. Berlusconi porta alla politica e all’Europa ciò che esiste nelle organizzazioni, nelle televisioni e nel mondo della pubblicità. Ha capitalizzato “la crescente importanza della leadership, la semplificazione del linguaggio, la centralità dei media, la promessa di soluzioni semplici e indolori ai problemi storici”.
In pochi anni non solo rotto, ma cambiare per sempre le regole del gioco. Lo era, tipo 30 anni dopo Donald Trump, duterte uno di Bolsonaro, dimostrando che non ci sono confini, che non c’è bisogno di un equilibrio tra verità e bugie, che non importa quanto rozza sia la tua idea, ci saranno sempre milioni disposti a seguirla. Ciò che era prima non solo era impossibile, ma impensabile, è diventato quotidiano. Di breccia in breccia e di attacco in attacco finché non ci sono più istituzioni, un mito, un’idea in cui rifugiarsi. Illuso pensando che il loro esempio non possa che essere, e quindi resterà limitato, in Italia. Si sbagliavano così tanto che gli ci è voluto del tempo per maturare e adattarsi.
“L’era che Berlusconi ha inaugurato nel 1994 non è finita. Con ciò è iniziato un movimento di tendenza globale, culminato nel successo di Trump. La simbiosi tra antipolitica e media si è spostata dalla “videocrazia” al populismo digitale. È lì che oggi puoi vedere l’erosione, l’indebolimento della democrazia. Il Cavaliere dovrebbe essere visto più come un fondatore che come un meteorite. Questo è più un precursore che un episodio straordinario”, ha scritto un altro storico, Antonio Gibelli, in 26 gennaio 1994uno dei migliori saggi sulla “discesa in campagna” del magnate.
Lui lusconismoCome tutte le ondate populiste, è una conseguenza, ma anche una causa, di una crisi politica. Questo non si può capire senza il crollo del sistema partitico avvenuto nei primi anni Novanta, con Mani Pulite, Tangentopoli e il crollo del Pci, quando milioni di persone rimasero senza riferimenti. Un milionario, proprietario di una brillante squadra di calcio, con una rete televisiva (era conosciuto negli anni ’80 come Sua Emittenzaun gioco di parole tra rilievo e qualcosa come un grande emettitore) e senza il minimo imbarazzo, morale o obiezione.
Un leader carismatico opposto all’autorità legale e all’autorità tradizionale, utilizzando la categoria di Max Weber. Abilissimo imbroglione, pigro come uno statista perché era una bestia nelle campagne, vergognoso negli appuntamenti internazionali perché duro negli intrighi di palazzo. Un opportunista balzato dall’altra parte per sfuggire al labirinto giudiziario in cui era rimasto intrappolato e che riuscì, nella totale impunità, a condurre dall’alto una rivoluzione dello “Stato reale” contro lo “Stato di diritto” dall’alto nozione popolare della classe dirigente come “casta”. Qualcuno pieno di evidenti difetti, ma intelligente, agile, veloce, capace di navigare, avere successo e stare in prima linea in qualcosa di così complesso, imprevedibile e distruttivo come la politica italiana, capace di fagocitare il meglio da mesi.
Berlusconi ha rotto i confini in patria e tutti i piani all’estero, è riuscito a convincere i suoi cittadini che era uno statista di prima classe e ha tenuto viva la narrativa per decenni. Ancora nel 2022, campagna elettorale in cui cerca di evitare l’assoluta irrilevanza ForzaItalia, la sua formazione, lo presentava come l’italiano più influente all’estero. Lui, che in un primo momento ha usato l’Europa come fonte di legittimità, ma ha finito per scontrarsi apertamente con Merkel o Sarkozy. Che voleva vendersi come garante dell’europeismo e della stabilità a favore della coalizione Meloni e Salvini, ma che è diventato il principale amico e difensore di Putin.
L’Europa ricorda Berlusconi per le sue cause legali, corruzione e fiori. Non l’ha mai preso sul serio, non ha mai capito il suo stile o si è sentito a suo agio, e ha fatto tutto il possibile (soprattutto nel 2011) per scrollarselo di dosso. I ricordi che ha lasciato alle spalle sono stati scherzi al vertice europeo del febbraio 2002. Trasmettendo discordie coniugali in conferenze stampa, come il vergognoso primo ministro danese e poi leader della NATO Anders Fogh Rasmussen, ha detto che era il politico più bello d’Europa, più del presunto amante di sua moglie. O quando paragona l’eurodeputato socialdemocratico tedesco Martin Schulz, che alla fine sarà alla guida del Parlamento europeo, con capo dai campi di concentramento nazisti.
Berlusconi è quello che il giornalista Luigi Ambrosio definì “lo sdoganatoreIl suo contributo, o danno, non è solo quello che ha fatto, quello che ha permesso, quello che ha distrutto, ma quello che ha normalizzato. Da Putin a Gheddafi. Il fascismo, mutato nella sua epoca in post fascismo e poi identità. La sovranità razzista della Lega Nord, grazie alla quale si è trasformata in movimento nazionale. Screditando le istituzioni e soprattutto la magistratura, gli oppositori politici, i media. ELui, il superlativo manipolatore, brillante ubriacone, è il precursore del mondo di oggi notizie false. La prima verifica e capitalizza il fatto che in un mondo dove niente è vero, niente mente o non importa, aprendo la porta a tutto ciò che è sorto e si è consolidato dopo.
Il Cavaliere Non è un genio che comprende lo spirito dei tempi meglio di chiunque altro, ma un leader le cui capacità, capacità e poteri si adattano perfettamente a un mondo in transizione e, a volte, alla deriva. Il suo populismo è più un metodo che una filosofia, mantenuto sulla dicotomia tra amici e nemici, linguaggio superficiale, massima teatralizzazione politica e la reinterpretazione, quasi un secolo dopo, della società di massa. Così come oggi milioni di persone, perdenti della globalizzazione, frustrati, nichilisti o intorpiditi, cercano risposte a tutti gli effetti e ascoltano i profeti del caos, alla fine del secolo scorso ha saputo incanalare quella rabbia contro la modernità, la liquidità del società. e il peso opprimente della temporalità. Carismatico, ipnotizzante a distanza ravvicinata, illimitato, imprevedibile, straordinario, lusinghiero, può essere un pagliaccio, ma fa ridere. Un monarca della repubblica, soprattutto, che prometteva loro un mondo migliore. In una vita piena di dolore e un leader antipatico, distaccato e arrogante, almeno li conforta.
Negli anni ’90, il cancelliere tedesco Helmut Kohl era solito scherzare (e offendere) i primi ministri italiani dicendo loro, la prima volta che li incontravano, che mesi dopo avrebbero saputo chi sarebbe stato il loro successore. Berlusconi è arrivato in Europa su norme, regole, Consigli e ordine e non ha mai mollato del tutto, almeno nella forma. Dal 1999 è diventato anche un asse centrale del Partito popolare europeo, in procinto di diventare la principale potenza del continente, egemonico nel Parlamento europeo e che ha insediato più presidenti nella Commissione europea. Berlusconi è una questione di immagine e credibilità, ma è indispensabile alla maggioranza.
“Lui lusconismo è un’emulsione di populismo e liberalismo. Populista perché sottolinea l’unità esperienza dal popolo italiano; liberale perché l’unità è aperta, varia e amichevole; populista e liberale perché, allo stesso tempo, attribuisce un ruolo marginale all’élite politica. È un’operazione geniale e impossibile che può essere immaginata solo in un clima ottimista e antipolitico lungo Gli anni ’90 Berlusconi riuscì però a sopravvivere a lungo solo nel 2001, quando il progetto era terminato”, scrive Orsina.
La grande eredità di Berlusconi, un immortale sopravvissuto a mille processi, tradimenti, operazioni a cuore aperto, interdizioni, cause legali, scandali, legami con la mafia, criminali e dittatori di ogni genere, sarebbe una trasformazione profonda e permanente della cultura politica italiana. Ma anche aver stabilito, 20 anni prima, il precedente dell’arrivo e del consolidamento di figure come Viktor Orban, lo sloveno Janez Jansa o il ceco Andrej Babis. Berlusconi è il padre del populismo moderno, e L’Italia, come l’Argentina dopo Perón, continuerà berlusconista. Ora, la morale, la tragedia, per vincere potrebbe non esserci altra scelta che essere un po’, o tanto, come lui.
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