MADRID, 16 gennaio. (STAMPA EUROPA) –
I carabinieri avevano escluso questo lunedì che la clinica dove il leader di Cosa Nostra, il capo Matteo Messina Denaro, che era in cura chemioterapica prima del suo arresto, fosse coinvolta con la mafia italiana.
Le autorità hanno trovato Messina, latitante da trent’anni, in una clinica di Palermo dove era sottoposta a trattamenti chemioterapici sotto falso nome. Tra gli oggetti che aveva con sé al momento dell’arresto c’era un orologio del valore di 30.000 euro.
“Al momento non abbiamo elementi di presunto coinvolgimento o coinvolgimento della clinica. Il latitante ha fornito documenti falsi. Naturalmente l’indagine è ancora nelle fasi iniziali”, ha detto in conferenza stampa il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, come riportato dalla Rai.
Allo stesso modo, ha indicato che a Messina si applicherà l’articolo 41 bis del sistema penale italiano, per cui è probabile che rimanga isolato dagli altri detenuti, anche se per motivi di sicurezza non ha specificato in quale carcere sarà alloggiato.
De Lucia ha spiegato che, nonostante Messina Denaro non fosse l’unico leader di Cosa Nostra, “aveva una straordinaria capacità di essere presente negli affari”, quindi il suo arresto è stato un “contributo importante” alla lotta alla mafia italiana.
Intanto il comandante dei carabinieri, Teo Luzi, ha spiegato che per arrestarlo è stato utilizzato il metodo ‘Dalla Chiesa’, che consisteva nel raccogliere grandi quantità di informazioni da vari reparti di polizia, oltre che intercettare i suoi telefoni o utilizzare banche dati statali.
La Procura di Palermo ha difeso questa forma di azione poliziesca, perché “senza intercettazioni non si può svolgere un’indagine”. “Sono fondamentali”, ha detto insieme a quattro alti ufficiali dei carabinieri.
A sua volta parlando, il generale Psquale Angelosanto, comandante del Gruppo Operazioni Speciali, ha spiegato di essere a conoscenza dei suoi problemi di salute e che l’indagine stava seguendo un doppio binario: contro l’apparato militare di Cosa Nostra e l’aggressione ai loro beni. la loro attività.
L’agenzia di stampa AdnKronos è riuscita a impossessarsi del documento di identità che Messina alias Andrea Bonafede ha utilizzato per entrare nella clinica della Maddalena. Secondo dati anagrafici falsificati, sarebbe nato a Campobello di Mazara il 23 ottobre 1963 e vivrebbe a pochi chilometri dal suo paese natale, a Castelvetrano.
Cento soldati avevano partecipato a questa delicata operazione, alla quale Messina non oppose alcuna resistenza agli agenti. Il boss è stato trasferito in un luogo sicuro prima del suo arrivo al carcere di massima sicurezza, come da protocollo per questo tipo di arresto.
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