Mi annoia chiarire che non provo alcuna simpatia per Giorgia Meloni o il suo partito ogni volta che ne scrivo. Ma non so se ci sono altri farmaci. Perché è ora di ridurre di nuovo la portata della sua prima promessa.
Ieri sono tornati in rete gli avvertimenti antifascisti, perché i due politici che non voterò nemmeno con il bastone. Meloni ha eletto alla guida del Senato Ignazio La Russa. Era un uomo che, come lui, veniva dal Movimento Sociale Italiano. E, come lui, anni fa ha compiuto il passaggio ai diritti democratici.
Ho incontrato La Russa molti anni fa a un evento in cui condivideva poster con politici del PP. In seguito divenne presidente dell’Alleanza Nazionale. Fu anche presidente del Congresso e del Senato, nonché segretario alla Difesa sotto Berlusconi. Non solo non rappresenta i ‘nuovi diritti’, ma da decenni è uno dei volti più riconoscibili della politica italiana.
Il nuovo presidente del Congresso, Lorenzo Fontana, non giocava da anni. Ma prendine abbastanza. Fu uno dei primi spadaccini della Lega Matteo Salvini, che lo nominò per due volte ministro durante il regno di Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, partito ormai da tutti considerato innocuo ma il cui arrivo al potere rese più nervoso il sistema. L’Italia che la vittoria di Meloni.
La Russa e Fontana (più Fontana che La Russa) sono due dei più autoritari e nazionalisti esponenti dei diritti. Non è difficile trovare nelle biblioteche dei giornali le espressioni del loro odio per gli omosessuali o per gli stranieri. Ma non hanno considerato nulla di nuovo nel panorama politico italiano, dove già molto prima dei memoriali e delle lacrime c’erano ministri che camminavano a braccetto su terreni destinati a costruire moschee. Francamente, e spero di non sbagliarmi, non credo che vedremo nulla che non abbiamo mai visto prima. Il che non significa che mi piaccia o lo condivida. Quanto deve essere difficile ripeterlo.
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