Pensare male è peccato, ma spesso è prevedibile. Se lo diceva la vecchia volpe politica italiana – Cattolico diciotto carati, dalla casa in Vaticano – Lo posso dire anch’io. Seguendo la storia della mitica nazione cattolica, si scopre sempre la chiave del mistero peronista. Anche il triste spettacolo degli ultimi giorni, un temporale in un bicchiere d’acqua esploso per la sconfitta subita al PASO. Gioco di poliziotti buoni e poliziotti cattivi, il presidente è vittima sottomessa del prepotente vicepresidente, seguendo un copione collaudato, è un tipico battibecco familiare, una rissa tra membri della stessa banda. Non dico che il protagonista lo sappia: sarebbe chiedere troppo. Ma la storia ha la sua inerzia; gli attori, i loro ricordi. Cercando un significato nel caos e la luce nella nebbia, si fa molta strada, ad un punto di partenza, sul significato dell’arrivo dei peronisti nella storia argentina. E per le conseguenze.
Come ogni storia all’altezza del suo nome, ha anche dei precedenti. Quindi, riproduciamo la registrazione. Quando, Due anni fa veniva annunciata la candidatura di Alberto Fernández alla presidenza, è stato un fulmine a ciel sereno cadere dal cielo. Per qualche ragione. Il primo è che non è nato da un’ampia consultazione di militanti, dal dibattito pubblico: il peronismo non è un partito “borghese” o un apparato “demoliberale”! Il secondo motivo è quello che attira maggiormente l’attenzione: Cristina ha scelto Alberto, il vice titolare, il dito della regina ha investito i seguaci. Dati i problemi legali, non era difficile capire perché. C’è infine un terzo motivo di sorpresa: gli indovinelli di Peronis, prima numerati a migliaia, vengono improvvisamente ricomposti, i nemici di ieri diventano alleati di oggi. Un miracolo? In un certo senso: disubbidiente o informato, Tempo finanziario ha rivelato che il Papa stesso aveva aiutato. Ci sono bugie, ma non convincenti: ci deve essere qualcosa di vero. Nessuno mette in dubbio le buone intenzioni del Papa: unire, calmare, stabilizzare. Tuttavia, molti di noi dubitano che l’unità peronista abbia contribuito alla pace e al governo in Argentina. Due anni dopo, penso che quei dubbi siano giustificati.
Ma torniamo a noi stessi, a oggi. La Casa Peronista sta ancora tremando per il passaggio dell’uragano PASO quando il breve articolo dell’arcivescovo de La Plata commenta la causa e raccomanda un trattamento. Un testo importante, anche per diversi motivi. Il primo e più ovvio è l’autore. Víctor Manuel Fernández non è un vescovo qualunque; sia perché presiedeva una provincia ecclesiastica dove di solito si determinava il destino politico dello Stato e dove il peronismo era una sorta di credenza popolare, sia perché godeva di una giustificata fama di teologo pontificio. Inevitabilmente, mentre prendeva carta e matita, sapeva che le sue parole sarebbero state interpretate come messaggi di Francisco. Essi?
Il secondo motivo è la forma, “genere”: forte e aspro, senza orpelli pastorali o dottrina sviluppata, è un intervento esplicito ecclesiastico nella congiuntura politica. È difficile, direi impossibile, immaginare qualcosa di simile in qualsiasi democrazia occidentale. Un po’ perché la Chiesa prendeva le distanze da ciò che era estraneo, ma soprattutto perché pochi gli davano peso. Non è così in Argentina, dove il peronismo è stato il veicolo della nazione cattolica sin dalla sua nascita e, quindi, la Chiesa è in grado di chiederne coerenza con esso.
Cosa ha fatto? Tucho Fernandez, ed è questo il terzo motivo per cui il suo primato è stato importante e influente nell’esito della crisi che si è aperta con la sconfitta elettorale peronista. Cosa c’è dentro? L’argomento principale, insomma, è che invece di dedicarsi ai temi del “popolo”, il governo si è concentrato su cose estranee al “popolo”. Nello specifico: nessuno è contro la povertà, tutto è a favore dell’aborto. Per questo, ha spiegato, molti poveri non hanno votato. La connessione è dubbia; la logica è audace: nei paesi ricchi la depenalizzazione dell’aborto non rallenta lo sviluppo. Ma potete star certi che il messaggio arriverà forte e chiaro a Cristina e Alberto: per invertire la rotta, per condurre il “popolo” alle urne, il peronismo deve tornare alla sua fonte e liberarsi dal suo laicismo “elitario” dipinge. La chiesa, i preti villeros, i movimenti sociali, tanto influenti nelle vaste periferie e nei vasti quartieri, rinnoveranno allora l’unione mistica del popolo con il peronismo, la nazione con la sua cultura cattolica. Anche il Papa, per mesi imbronciato e muto, avrebbe aiutato come in passato. L’inclinazione elettorale può essere invertita. Sono ancora in tempo, ha avvertito l’arcivescovo, riferendosi a novembre più che all’eternità.
Sì a sminuire questa chiamata, a ridurre il messaggio ecclesiastico a un volgare esercizio politico. Contiene letture potenti sulla storia nazionale, miti della nazione cattolica, di cui la “teologia popolare” è l’ultima e raffinata versione. È una convinzione, e una pretesa, che data la “cultura” cristiana del “popolo”, data la cristianità degli eroi, dato che l’evangelizzazione ispanica plasma i valori della patria, ogni aspetto della loro vita dovrebbe rifletterla. . Il che, lo riconoscesse o no, conferiva alla Chiesa un’immensa autorità morale e potere politico. Ora, cosa è successo in questo viaggio mitico e storico dall’alta cucina dei teologi all’umile cucina peronista? Dai principi alle leggi, dalle idee ai fatti? La politica non è filosofia, il governo non è teologia.
Il risultato della crisi peronista, la riorganizzazione del governo, sembra ricevere il monito prelato, per cercare di riportare la nave peronista nel porto dei “buoni credenti”: l’elezione di un Capo di Stato Maggiore che dimostrò la sua fede antiabortista, l’eliminazione di figure “progressiste” estranee all’anima cristiana del movimento, il salvataggio del peronismo ortodosso si riflette nell’unione degli applausi. E la resa implicita di fronte al ricatto di Cristina Kirchner – spendere di più, spendere di più, spendere dove si è eletti –, che ecciterà e mobiliterà il movimento “popolare”. Non credo che la Chiesa sia d’accordo: l’aborto è stato sanzionato e il paternalismo trionferà, come sempre, sul “sano sviluppo” che con le parole chiede. L’unico che ne beneficerà sarà il mecenatismo peronista, mentre il declino dell’Argentina continuerà. Questo è proprio il vecchio testo, la fine cronica del mito della nazione cattolica. Finora la maggioranza degli argentini non se ne è resa conto e ha deciso di dire basta.
“Avid organizer. Hipster-friendly bacon evangelist. Friend of animals everywhere. Entrepreneur.”