C’è una parte della versione ceca del Padrino che rasenta la parodia, quando i mafiosi, cioè i loro doppiatori cechi, iniziano a parlare tra loro in italiano (e ci sono le traduzioni nei sottotitoli cechi). Sabato sera è andato in scena il dramma classico diretto da Francis Ford Coppola, basato sul romanzo di Mario Puzo televisione ceca.
In questi momenti il doppiaggio ceco sembra passare ai sottotitoli “originali”, ma i personaggi parlano “ceco italiano”.
Grammaticamente corretto forse, non parlo italiano. Ma l’impressione che i veri italiani parlino diversamente, e molto diversamente, si può verificare direttamente nello stesso film, dove in alcune scene siciliane il dialogo originale rimane anche nella versione ceca – senza doppiaggio, con i sottotitoli.
Nel 1946, il linguista Pavel Eisner descrisse il problema e le fonti delle differenze nel suo importante libro, Tempio e fortezza:
Il ceco parlato è una lingua interessante lento. Per quanto riguarda la mia esperienza di ascolto, è molto più lento dell’italiano, così come del francese, dello spagnolo, del portoghese, del russo, del serbo-croato e del bulgaro, dell’inglese e del rumeno, e anche del polacco, il che mi sembra doppiamente vero quando le due lingue sono strettamente correlati. Delle lingue che ho sentito, solo il tedesco è lento come il ceco, e cioè più prussiano e settentrionale che meridionale. Penso che abbiamo anche un ideale estetico di parlare lentamente. Se sentissimo, per esempio, un italiano parlare la sua lingua madre a velocità di mitragliatrice, non ci dispiacerebbe, a meno che non lo capissimo; ma appena, con grandi eccezioni, un ceco parla ceco nemmeno così velocemente come un italiano in italiano, un serbo in serbo, un polacco in polacco, ecc., diciamo che quella persona “balbetta”.
O anche se l’attore ceco si facesse male, non parlerebbe come un italiano (altrimenti sarebbe una parodia in stile Televarieté). Quando Cech doppia brevemente in ceco e improvvisamente per un po’ in italiano, il Padrino si fonde in modo un po’ inappropriato con il Padrino di Mrázek.
Il nostro amore per il doppiaggio cinematografico è discutibile e si potrà discutere a lungo. Ma il vero vantaggio arriva quando i personaggi di un film parlano più di una lingua. Questa è un’opportunità per portare la comunicazione con i nativi a un nuovo livello.
Naturalmente ci sono film che, anche con il doppiaggio, sono entrati nella cultura ceca, e diverse generazioni li hanno visti così tante volte che non si preoccupano dell’originale e forse non ne hanno nemmeno sentito parlare. Non ci interessa se ci manca qualcosa, se qualcosa si perde nella traduzione. Ci sembra che tutto quadra. Ad esempio: Fantoma. Oppure a qualcuno piace caldo. In realtà l’abbiamo vista come una commedia colloquiale nel teatro ceco.
Altrove, invece, il doppiaggio cancella – quasi inevitabilmente – le sfumature linguistiche dell’originale. Ad esempio, il fatto che personaggi diversi parlino la stessa lingua, ma con accenti o dialetti diversi. Il pubblico con meno competenze linguistiche potrebbe non apprezzarlo, ma molti sì, e anche se non padroneggiano perfettamente la lingua, capiranno che è una parte importante dell’autenticità. Ad esempio: Match Point di Woody Allen.
E ci sono anche film in cui il cambio di lingua da parte di ciascun personaggio gioca un ruolo importante. E la trama stessa è in gran parte basata su giochi linguistici.
Non credevo che una cosa del genere fosse possibile nello spazio, ma la macchina del doppiaggio ceca è riuscita a catturare anche Shameful Pancharts di Tarantino. Le parti deboli del film, le parti in cui viene usato l’inglese, sono state doppiate – e non so se sia solo fortuna, o non più, perché l’opera del tradimento è stata compiuta. Il resto, cioè i dialoghi in tedesco e francese, è rimasto nella versione originale con i sottotitoli, quindi è stato risparmiato – e abbandonato.
Quindi funziona più o meno così: vieterò ogni doppiaggio.
“Zombie lover. Professional bacon fan. Infuriatingly humble thinker. Food aficionado. Twitter advocate.”