Martedì scorso è morto a Torino, la città italiana dove era nato 87 anni fa, Gianni Vattimo. Filosofo della postmodernità, la sua teoria del pensiero debole è la definizione più comune per chi, senza dubbio, è parte del dibattito mediatico sul pensiero contemporaneo: tra ribellione della gioventù europea del dopoguerra e disillusione nei confronti della sinistra dogmatica, tra violenza la politica e la crescita dei valori filosofici come citazione speculativa.
La sua carriera accademica si è sviluppata all’Università di Torino, dove, come lui stesso ha ammesso, non è mai stato discriminato perché omosessuale. Lì conseguì la laurea in Filosofia nel 1959 e completò la specializzazione a Heidelberg, in Germania, studiando con Karl Löwith e Hans Georg Gadamer, allievi di Martin Heidegger, di cui introdusse il pensiero in Italia, mentre rivalutava quello di Nietzsche. Nel 1964 fu nominato professore associato e nel 1969 ottenne la cattedra di Estetica presso l’Università di Torino. Negli anni ’70 divenne preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. Tra il 1982 e il 2008 ha continuato a tenere corsi di Filosofia teorica presso lo stesso istituto, nonostante la categoria di professore emerito: nell’insegnamento ha trovato importante nutrimento.
Gianni Vattimo non è solo un filosofo, ma anche una persona impegnata a favore del sistema democratico. Intervenne in gruppi politici come il Partito Radicale, l’Alleanza per Torino, i Democratici di Sinistra e i Comunisti Italiani. Si è candidato nelle liste di Fuori!, una delle prime associazioni del movimento di liberazione omosessuale italiano, fondata nel 1971 a Torino da Angelo Pezzana. Negli anni ’90 viene eletto al Parlamento europeo, ricoprendo due mandati, prima con il Partito Democratico di sinistra e poi con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, nel 2009. Nel 2005 si candida anche a sindaco di San Giovanni di Fiore, in Calabria. , per combattere quello che secondo lui era il “declino intellettuale” che affliggeva la comunità. Come mostrano diversi articoli giornalistici italiani, in questo intervento la sua posizione politica è stata radicalizzata come una forma di rabbia verso Israele o di sostegno al populismo di Hugo Chávez in Venezuela, cosa che ha generato polemiche e rimproveri.
Agli autoritari questo non piace
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L’intellettuale comunista, cattolico e omosessuale ha avuto un ruolo pionieristico nella promozione dei diritti delle persone LGBT+, definendosi “omosessuale e cristiano”, e scrivendo per molti anni una rubrica al riguardo sul quotidiano torinese La Stampa. Questa “vocazione speciale”, come affermò in un’intervista rilasciata in occasione del Salerno Pride del 2005, contribuì allo sviluppo del pensiero debole: “Lotto per i diritti delle minoranze – disse – ma non come Pasolini, che lottò per molto per i diritti delle minoranze. più estremo.” Si sentiva come se Gesù fosse stato crocifisso dai suoi nemici. Non lo vivo così. L’ingiustizia per me, tra l’altro, è stata non riuscire a sedurre i miei amici. In questo caso, il cristianesimo mi incoraggia a combattere l’ingiustizia”.
Frequentatore assiduo dell’Argentina, nel 2014 è stato invitato dalla Fedun (Federazione dei Docenti Universitari) ad un ciclo di conferenze presso l’UBA, con la presentazione di tre libri editi dal sindacato: Dios es communist, Aspettando i barbari e Da realtà alla verità. In quell’occasione dichiarò in una relazione: “La mia attuale impressione dell’Argentina, in particolare della cultura argentina, non è molto diversa dalla prima impressione. Se accettate la mia dichiarazione su questo argomento subito dopo il mio arrivo per la prima volta, invitato da Jorge Glusberg, vedrete che non è cambiata. Buenos Aires continua ad essere una città europea situata in America Latina. È qualcosa che smetti di provare semplicemente correndo un po’, andando a Rio de Janeiro, per esempio. C’è qualcosa che accomuna le grandi città dell’America Latina, ed è sicuramente una città latinoamericana. Non Buenos Aires. Forse è per questo che mi piace così tanto. Culturalmente, rimane ineguagliabile, nutriente e straordinario nel suo potere. Non conosco un’altra città come questa. Forse New York può eguagliare, ma non credo che ci siano molte altre città come questa in questo senso.”
E da cattolico, all’epoca, si riferì alla nomina di Jorge Bergoglio a Papa della Chiesa cattolica, inserendo la citazione nel contesto degli attuali disordini politici nel Paese: «Francesco ha salvato la Chiesa dall’atto suicida di Papa Francesco. I loro predecessori si basavano su una lettura letterale della Scrittura e dei dogmi, che alla fine storicamente non fece altro che alienare la comunità dalla Chiesa. Francesco è circondato da problemi causati dal suo ambiente che noi non riusciamo nemmeno a vedere, ma sono questi problemi che continuano a ostacolare quella che può essere definita una vera rivoluzione ecclesiastica. Uno dei punti che la Chiesa ha sempre sottolineato è la questione della castità, per questo è così importante che Francesco abbia una visione positiva dell’amore omosessuale. Allo stesso tempo, se analizzato da una prospettiva storica, questo è un po’ imbarazzante. Ma questo cambiamento è molto importante per la Chiesa perché, ripeto, avvicina la Chiesa alla comunità, dalla quale finora si è allontanata».
Autore di più di trenta libri, tra cui Il pensiero debole (1983), scritto con PA Rovatti, e La fine della modernità. Nichilismo ed ermeneutica nella cultura postmoderna (1985), in un servizio condotto lo scorso aprile da Giacomo Galeazzi per La Stampa, e forse il suo ultimo, Vattimo definisce una situazione politica e sociale familiare in Argentina: “I diritti sono “colpa nostra”.
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