In realtà, la giornata di Serie A è tutta una questione di lotta alla violenza. Molti calciatori professionisti italiani sono diventati paurosi lo scorso fine settimana per attirare l’attenzione sulla violenza contro le donne e per mostrare solidarietà alle persone colpite.
Come viene mostrata nello stesso giorno la vera violenza e gli abusi contro le donne nel calcio. Durante la diretta, la giornalista Greta Beccaglia è stata intercettata da un uomo davanti allo stadio di Empoli. Quando ha lasciato lo stadio, si è avvicinato da dietro, si è sputato sulla mano e poi gli ha afferrato il sedere. Come riportato dall’emittente, si dice che un altro uomo si sia comportato in modo rude.
La Beccaglia ha poi sporto denuncia e grazie alle riprese televisive l’autore è stato identificato, ma ha anche sottolineato: “Purtroppo sappiamo che le donne subiscono ripetutamente attacchi del genere e non vengono riprese dalle telecamere”. Poiché sono spesso diffidenti, le loro descrizioni sono discutibili e le barriere alla segnalazione di tali incidenti sono del tutto elevate.
La cosa è diventata evidente quando una radio italiana ha intervistato il presunto autore per interrogarlo sulle sue motivazioni, e il presentatore calcistico ha sminuito l’accaduto con le parole “non emozionatevi”. È come se ci fosse un motivo che giustifichi questo comportamento e come se non fosse compito di tutti arrabbiarsi per il fatto che le donne non possono ancora muoversi liberamente in un contesto professionale senza timore di molestie.
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L’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, invece, ha spiegato su Twitter che “dovremmo essere tutti arrabbiati”. La lotta alla violenza contro le donne richiede un senso generale di responsabilità che le donne non siano lasciate sole e che gli episodi di violenza sessuale siano motivo di preoccupazione per tutti. E questa responsabilità collettiva non dovrebbe limitarsi alle guance rosse di pochi calciatori.
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