Ciao sì, ciao no: l’Italia propone una multa fino a 100.000 euro per frenare l’anglicismo

Il governo italiano sta discutendo una legge che multerebbe fino a 100.000 euro chi usa parole straniere “avvilenti” nella lingua del Paese.

Il partito di estrema destra guidato dal primo ministro italiano Giorgia Meloni ha promosso un disegno di legge che penalizzerebbe l’uso dell’inglese e di altre parole straniere nei documenti ufficiali con una multa compresa tra 5.000 e 100.000 euro.

Lo scopo della legge, che ha ricevuto critiche da tutti i settori della società, anche dalla più rinomata studiosa di lingua e filologia italiana, la prestigiosa Accademia della Crusca, è quello di “difendere e promuovere la lingua italiana” e proteggere l’identità nazionale, secondo Meloni. .

La nuova proposta, sostenuta dalla Meloni, è stata presentata da Fabio Rampelli, deputato della Camera bassa italiana. In un tweet pubblicato sul social network Twitter, il deputato ha fatto un esempio della cosiddetta “anglomania” in cui politici e burocrati italiani dovranno affrontare multe se la legge sarà approvata.

“Al Congresso si parlava italiano”, scrive Rampelli. “Lottiamo costantemente per usare la nostra lingua invece dell’inglese. Non capiamo perché i distributori di sapone per le mani debbano essere chiamati ‘dispenser’.”

Invece di usare la parola inglese “dispenser”, il governo Meloni vuole che i funzionari usino un’espressione italiana molto più complicata: “dispensatore di liquido igienizzante per le mani”.

L’italiano – come la maggior parte delle lingue europee – ha adottato negli ultimi anni molti termini inglesi, un po’ perché denotano cose “nuove” che non appartengono alla tradizione italiana (computer, social media, smart work) e un po’ perché l’inglese offre spesso un versione più succinta e snella del termine che richiede più parole italiane.

Molti preferiscono usare la parola inglese, anche quando il termine italiano lo farebbe perfettamente – ad esempio, in Italia è consuetudine riferirsi a una riunione di lavoro come “briefing” o usare la parola “deadline” per dire “deadline date” –, aggiungendo un tocco internazionale.

Secondo gli ultimi dati, Treccani, rispettata enciclopedia della lingua italiana, contiene attualmente 9.000 parole inglesi e 800.000 parole italiane. Dal 2000 il numero di parole inglesi che entrano in italiano è aumentato del 773%.

L’adozione di parole inglesi in italiano è oggetto di un dibattito senza fine in Italia, dove l’opinione è divisa tra la tutela dell’integrità della lingua nazionale e l’accettazione che una lingua viva sia fluida e in continua evoluzione.

La nuova proposta legislativa della Meloni prende una posizione forte in questo dibattito, spingendo per un approccio conservatore che cerchi di vietare le parole inglesi nella pubblica amministrazione, nelle scuole e nelle università.

Secondo la nuova legge, “ogni classe [universitaria] quelli non specificamente destinati all’insegnamento di una lingua straniera devono essere impartiti in lingua italiana”. Un corso di lingua straniera sarà giustificato solo se rivolto a studenti stranieri.

Chi ricopre un incarico nella pubblica amministrazione deve avere “conoscenza e padronanza scritta e parlata della lingua italiana”.

Secondo il disegno di legge, l’uso di parole inglesi “svilisce e umilia” la lingua italiana, ed è anche peggio ora che la Gran Bretagna non fa più parte dell’Unione Europea. La proposta di legge deve ancora essere discussa in parlamento.

Daniel Jensen

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