L’amico prodigioso: l’Italia nel mezzo dei cambiamenti politici e sociali nella terza stagione

Professione di Alexis Lebrun 21 giugno 2022

L’estate è arrivata e con essa il ritorno su CANAL+ della nostra serie italiana preferita, tratto dal romanzo di Elena Ferrante. Ma attenzione: con questa terza stagione de L’Amie prodigieuse, le nostre due eroine sono immerse negli “anni della leadership” italiana degli anni ’70, un contesto storico ribollente che fornisce episodi profondamente coinvolgenti.

“Colui che fugge e colui che resta”

Prior ritrova Lenù e Lila in questo nuovo decennio ed è tratto dal terzo romanzo della saga intitolata Gente che scappa e gente che resta (2013) in francese – un rapido promemoria dei fatti in ordine. Elena, la “fuggitiva” (la città di Napoli), si è liberata dalla sua condizione diplomandosi a Pisa, dove oggi prospera in un ambiente intellettuale e borghese come scrittrice, autrice del primo romanzo di successo, ma alcuni delle parti che fecero scandalo nell’Italia conservatrice dell’epoca. È anche fidanzata con il bellissimo Pietro, ma questa relazione è compatibile con la sete di libertà e creatività di Elena? Ricordiamo inoltre che alla fine della seconda stagione incontra nuovamente Nino, incontro tanto più inquietante quando il suo ex amante interviene pubblicamente per difendere il suo romanzo… All’inizio della terza stagione, Elena si reca a Milano dove incontra i tumulti di una ribellione studentesca, perché la febbre del maggio 68 aveva raggiunto l’Italia.

Ma deve tornare presto a Napoli, dove Lila, il “restito”, attende la sua situazione. Sposata all’età di 16 anni con un uomo ricco ma crudele (Stefano), Lila salpa coraggiosamente nel finale della seconda stagione con suo figlio Gennaro per sfuggire alle sue grinfie avvelenate. Anche se era stata gentilmente assistita da Enzo, eccola ora una ragazza madre, costretta a lavorare in condizioni precarie in una fabbrica alimentare. Socialmente declassificata, è una vera lavoratrice proletaria che sopravvive nei bassifondi di Napoli, dove il sessismo è ovunque e dove è vittima di abusi da parte degli uomini. Ma le lotte politiche degli anni ’70 furono per lui un’opportunità per liberarsi dalla sua condizione. È attratta dall’ascesa del femminismo e del comunismo, e la vita di un’attivista può permetterle di ritrovare un po’ dell’impazienza del passato, dopo essere stata schiacciata dal patriarcato e dal produttivismo.

Stessa attrice, nuovo regista

Pensiamo dopo la seconda stagione alle due attrici Che amico ha dovuto cambiare per realizzare il personaggio da adulto, ma la produzione ha scelto di mantenere la sua fiducia in Margherita Mazzucco (Elena in arte Lenù) e Gaia Girace (Lila). Una scommessa audace ma una vittoria innegabile, perché oltre al fatto che questo garantisce una migliore continuità, c’è soprattutto qualcosa di profondamente commovente nel vedere queste due talentuose attrici crescere sullo schermo contemporaneamente alle eroine che interpretano. .

Cambiamenti invece dietro la macchina da presa: lo storico showrunner e regista Saverio Costanzo questa volta lascia il posto a Daniele Luchetti, regista italiano che conosce a fondo l’universo della serie e il suo tema – il suo ultimo lungometraggio (Il legame che ci unisce, 2020) è un murale di una famiglia allargata che abbraccia decenni. E mentre le prime due stagioni dirette da Costanzo sono state entrambe influenzate dal neorealismo italiano e poi dalla New Wave francese, la terza rende omaggio alla New Hollywood americana degli anni ’70, diretta da John Cassavetes. Ancora una volta i risultati sono stati quelli previsti e la serie è stata rinnovata anche per una quarta e ultima stagione che ci permetterà di completare la serie di romanzi di Elena Ferrante. Non vediamo davvero l’ora.

Jacqueline Andrus

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