L’Italia dovrà prendere decisioni importanti nei prossimi mesi, come l’elezione del prossimo presidente repubblicano. Nello stato pigro in cui l’esecutivo sindacale Mario Draghi è piombato sulla politica, il primo turno delle elezioni comunali tenutosi tra domenica e lunedì fornisce molte informazioni sul vero potere dei partiti. La prima foto mostra che la sinistra ha ottenuto risultati notevoli in questo primo turno delle elezioni amministrative, dove è in gioco il futuro di 1.192 comuni, comprese le cinque città più grandi: Roma, Torino, Milano, Napoli e Bologna. In quasi tutte ha vinto il candidato del centrosinistra. Anche a Torino, dove la destra spera di vincere almeno nel primo tempo. Il secondo turno di votazioni si svolgerà tra due settimane, ma la coalizione che compone La Liga, Hermanos de Italia e Forza Italia ha poche possibilità di vincere in nessuna di quelle città.
Il Partito Democratico (PD), che in alcune città come Napoli ha cercato un candidato consensuale con il Movimento 5 Stelle (M5S), sta chiaramente spingendo se stesso e prendendo un grosso impulso nella battaglia nazionale dopo una lunga stagione di declino. I socialdemocratici, infatti, hanno ottenuto vittorie finali al primo turno (con oltre il 50% dei voti) a Napoli, Bologna e Milano (la prima volta da quando è stato istituito il sistema del doppio turno nel 1993).
L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta e il nuovo segretario del Pd potrebbero segnare la loro prima grande vittoria da quando ha preso il comando del partito sei mesi fa. Particolarmente severi invece i dati con Matteo Salvini, i cui candidati, soprattutto milanesi, sono ancora da misurare. I vertici della Liga, infatti, ieri mattina hanno fatto un’autocritica e hanno concesso scarsi risultati nei sondaggi. “In alcune città siamo in ritardo nella selezione dei candidati. Abbiamo dato ai cittadini un po’ di tempo per conoscerli», ha detto, ignorando che era successo il contrario: perché si erano fatti conoscere, avevano perso consensi.
Il risultato ha lasciato alcune questioni in sospeso per il secondo round, molto angolato a sinistra. Roma, però, divenne uno dei pochi luoghi dove la destra poteva mantenere un filo di speranza. Enrico Michetti, il candidato scelto dal leader dei Fratelli Italiani, Giorgia Meloni, per guidare la lista della coalizione di destra, ha vissuto un disastro dopo l’altro da quando è stato nominato prima dell’estate. Nonostante gli errori e gli svarioni persistenti, il risultato di ieri lo ha portato al primo posto (30,2%), ma senza margine sufficiente per sognare di restare nel secondo tempo.
I Democratici non si sono presi rischi nella capitale e hanno scelto l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri come figura per competere con Michetti, con la sindaca Virginia Raggi (M5S), e con l’indipendente Carlo Calenda (attuale eurodeputato). L’ex capo dell’Economia, uomo dal profilo politico discreto, si è piazzato al secondo posto (27%), ma ha sfiorato la vittoria al secondo turno. Gli elettori degli altri due perdenti sono molto più vicini al loro spettro ideologico e fonti del PD erano fiduciose ieri che l’equilibrio sarà sicuramente a favore di Gualtieri entro due settimane. Ma bisognerà attendere eventuali indicazioni di voto da parte di alcuni di loro (la destra ha iniziato ieri a tentare di sedurre Calenda, che è al terzo posto con il 19,7%).
Alla grandezza del colpo di vecchia data del M5S ha contribuito anche la Roma, che ha scelto di riportare la Raggi alla sindaca, nonostante non ci sia riuscita negli ultimi cinque anni. L’attuale consigliere della Capitale, che ha ottenuto il 70% dei voti cinque anni fa, è quarto e ultimo (19,1%) e punta chiaramente alla fine del ciclo dei grillini. Ora è necessario riformulare la strategia nazionale nelle mani del suo nuovo leader, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
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La caduta dei ‘grillinos’
L’autoproclamato partito anticasta questa volta perse tutte le città in cui governava (Torino e Roma) e combatteva solo nei luoghi in cui correva con il PD, come Napoli e Bologna. Un chiaro segno che l’esperimento per creare una sorta di grande coalizione di centrosinistra tra i socialdemocratici e il partito un tempo anti-sistema si sta approfondendo. L’unico modo, con le attuali leggi elettorali, è competere con la coalizione che forma il centrodestra.
Kiri ha superato le sue aspettative ed eviterà un secondo turno nei tre grandi, ennesimo esempio di muscoli in mostra. A Bologna, il candidato di sinistra, Matteo Lepore, ha vinto anche le elezioni a sindaco senza tornare alle urne. Lo stesso è il candidato generale a Napoli di M5S e PD, Gaetano Manfredi (63%). Il capoluogo campano, infatti, è la città dove la lista di sinistra ottiene più consensi. “Abbiamo dimostrato che il destro può essere sconfitto”, ha esultato Enrico Letta dopo aver appreso del risultato.
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, dovrebbe aggiudicarsi un nuovo mandato con una vittoria (57,7%) che lo distanzia nettamente da Luca Bernardo (32%), suo rivale a destra: uno sconosciuto medico scelto personalmente da Matteo Salvini. La schiacciante sconfitta avrebbe un impatto sul leader della Liga, che sta vivendo il suo momento più basso da quando ha preso il controllo del partito e affronta una possibile rivolta nelle prossime settimane se non riuscirà a contenere il barone del nord, che chiede un cambiamento Certo. .
La catastrofe dei diritti ha raggiunto anche la città di Torino, l’unica grande città in cui la coalizione del partito spera di avere una netta vittoria in queste elezioni. Il candidato, l’imprenditore Paolo Damilano (38,9%) è nettamente inferiore al rivale di centrosinistra Stefano Lo Russo (43,9%) ieri. Tale differenza aumenterà nel secondo turno delle elezioni comunali, dove il diritto al ritorno ha perso slancio.
Salvini ha perso tutti i duelli con Giorgia Meloni
La diagnosi per i diritti dopo il riconteggio di ieri è chiara e punta direttamente allo scioglimento dell’effetto Salvini, che solo due anni fa sembrava inarrestabile. L’attuale leader della Liga è una persona che divide più che unita e perde consensi ogni volta che l’Italia sorteggia le urne. Ieri è stato il protagonista, soprattutto dopo la cocente sconfitta al Milan, sua città natale e ambiente relativamente favorevole alla Liga. La sua lista di partito è quasi interamente al di sotto di quella dei Fratelli d’Italia, suo principale rivale nella coalizione. Non è riuscita a vincere nemmeno nelle grandi città del nord, come Trieste.
L’unica domanda ora è se i rinascenti Fratelli d’Italia sapranno occupare quello spazio e conservare la muscolatura giusta. E se lo spettro dell’ideologia che una volta era guidato da Silvio Berlusconi può ora essere occupato da politici molto più radicali come Giorgia Meloni. La politica romana ha votato nove mesi fa per uscire dai Fratelli d’Italia dal governo sindacale di Mario Draghi. Una decisione che finora ha pagato molto bene, ma che è stata appena notata in queste elezioni. Se il suo candidato alla Roma, Enrico Michetti, riuscirà a vincere nella ripresa, Salvini sarà sicuramente relegato in secondo piano.
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