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Analisi rapida | La sinistra italiana ha deciso che preferirebbe perdere piuttosto che essere d’accordo

Di Inigo Dominguez. La vittoria della destra in Italia si deve, nonostante l’ampio consenso raccolto, al fatto di aver saputo interpretare correttamente le leggi elettorali, che premiano le coalizioni, perché è più facile formarle. L’hanno fatto e hanno vinto, e se ne sono andati ancora. È chiaro che la vittoria sarà assegnata a chi meglio implementerà questa formula. In poche parole: la divisione della sinistra ha dato la vittoria alla destra. Con una coalizione paritaria, il risultato sarebbe almeno più risicato in termini di seggi o potrebbe trovare un equilibrio diverso. Ma i partiti dell’alleanza di estrema destra (Fratelli d’Italia di Meloni, Lega di Salvini e Forza Italia di Berlusconi) sono molto meno separati e hanno meno strisce rosse dei loro rivali. Incapaci di unirsi, i partiti di sinistra hanno deciso di perdere mesi fa. Sapevano che sarebbe finita così, dovevano solo aspettare un miracolo, che come tattica era piuttosto rischiosa. O semplicemente fidati che la paura del diritto estremo funzionerà per loro.

Non è una novità, nel 2001 una scissione a sinistra ha permesso la vittoria della coalizione di Berlusconi, con alleati comuni la Lega Nord e Alleanza Nazionale, il partito di cui fa parte la Meloni. Poi divenne famosa la frase del regista Nanni Moretti, che il giorno dopo tenne una conferenza stampa a Cannes: “Berlusconi ha già ringraziato tutti gli italiani per la sua vittoria, ma gli basta che ne ringrazi uno solo, Fausto Bertinotti”. Si riferiva al leader di Rifondazione Comunista, che ha preferito andare da solo e ridurre il voto decisivo della sinistra.

I risultati mostrano che la mini-coalizione che ha riunito il Pd e che aveva già ottenuto il 26% dei consensi è addirittura salita al 41% con il Movimento 5 Stelle (15%). Questa alleanza, è vero, non è mai stata seria sul tavolo, tra rimproveri e reciproche prese in giro per la caduta dell’esecutivo Draghi, ma non c’è mai stato alcun realismo pragmatico alla sfida che ha evitato la vittoria dell’estrema destra. per la prima volta nella storia, come dimostrano tutti i sondaggi. È anche vero che sono calcoli che si fanno adesso, e infatti Cinco Estrellas ha superato gli scarsi risultati dati dai sondaggi. Gli stessi elettori di sinistra sono spesso così puri da disdegnare le alleanze.

La coalizione Pd, invece, sarà forgiata con il cosiddetto Terzo Polo, i due medi Calenda e Renzi, che ottengono il 7%. Il problema è che l’estrema sinistra si è posta il veto, i centristi contro i comunisti, e il capogruppo del PD, Enrico Letta, ha una coperta che non si può più stendere, né coprire i piedi o la testa, e nel centrodestra ha è fuori.

Con il Terzo Polo il centrosinistra aggiungerà il 33%, che è ancora lontano dalla percentuale complessiva della destra, ma comunque la differenza è che sarà una coalizione molto più competitiva e la classifica sarà maggiore. equilibrato. La battaglia in molte scuole sarà più serrata. Il sistema di voto è fondamentale: un terzo dei seggi nelle due camere viene assegnato nelle scuole dove vince il primo seggio. Questo schema è di grande importanza e avvantaggia su larga scala la coalizione di Meloni, che è semplicemente la lista più votata in quelle sedi, anche se il numero dei rivali ha più voti. Un rivale che, se andassero insieme, prenderebbe quel posto. La maggior parte delle vittorie della Meloni sono lì. L’esempio di Roma è chiaro. Con questo sistema i seggi in palio erano 12 (9 alla Camera e 3 al Senato), e la coalizione di centrodestra ne ha conquistati 10.

Il centrosinistra, all’opposizione, ora aspetta solo che la destra cada nella stessa morsa: restare uniti. Ma, come si è visto con Berlusconi nel 2001, con un regno durato quasi quattro anni ed è stato il più lungo della storia recente d’Italia, il collante al potere è tenue, data la prospettiva unica in questo Paese di regnare per ben cinque anni. L’ennesimo sistema elettorale, invece, è pensato per questo: per formare rapidamente un governo stabile e duraturo. I diritti lo hanno capito meglio.

Daniel Jensen

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